Turchi G. P., Gasparini N. L'indagine del costrutto personale. Metodiche e procedure informatiche

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Presentazione di Alessandro Salvini

Scopo di questa Presentazione è consentire al lettore di inquadrare il contributo degli autori di questa monografia. Accennerò a tre argomenti: 1) i limiti delle teorie dei tratti e delle relative tecniche di indagine; 2) i presupposti costruttivisti adottati dagli autori nel proporre il metodo delle 'griglie'; 3) la ricomposizione tra metodo nomotetico e idiografico; conflitto che la tecnica delle griglie risolve a favore del metodo nomotetico ma realizzando le ragioni dell'approccio idiografico.

Come si sa, l’individuazione di adeguati sistemi di classificazione tassonomica è uno degli obiettivi perseguiti tradizionalmente dagli psicologi della personalità, siano essi su base somatotipica, psicodinamica, socioadattiva o empirico/induttiva. La classificazione sistematica di costellazione di tratti (tipologie) o di sintomi (nosografie), parte dall'attesa che esistano delle regolarità che sotto forma di covariazioni sottendono un certo modo di essere e di comportarsi propri a gruppi di individui accomunati da disposizioni bio-socio-psicologiche simili suscettibili di spiegare e predire il comportamento.

Si obietterà che queste 'attese' nonostante i molti meriti accumulati, non abbiano portato, dopo mezzo secolo, a risultati esaltanti. Se da un lato l’impianto psicometrico, le procedure sperimentali, hanno puntigliosamente cercato delle relazioni tra tratti di personalità e comportamento e viceversa, dall’altro i vuoti e il bisogno di spiegazioni sono state colmate da assunzioni poco fondate scientificamente, prevalentemente governate da prototipi descrittivi e da stereotipi interpretativi.

Semplificando, le strategie per configurare le diverse tipologie e nosografie di personalità sono state di due tipi: nomotetiche ed ideografiche; le prime realizzate attraverso procedure scientifiche, le seconde mediante assunzioni normative o interpretative. Lo studio delle caratteristiche disposizionali da un lato e l’indagine delle loro configurazioni psicodinamiche dall’altro hanno costituito due vascelli con rotte diverse e obiettivi comuni, i cui equipaggi hanno finito per esplorare, prevalentemente, le domande e i problemi costruiti dagli osservatori e dai loro vincoli cognitivi, preoccupazioni correzionali, attese di senso comune e da ingenuità positivistiche.

Ovviamente questi accenni ai limiti degli approcci tipologici e nosografici, partendo da criteri 'disposizionali', 'normativi' e 'dinamici', avrebbero bisogno di una trattazione più accurata al fine di separare, la crusca dalla farina; ovvero ciò che è da considerare storicamente superato da un punto di vista scientifico, per quanto professionalmente praticato, e ciò che di nuovo brilla sotto il sole. Per esempio i metodi e gli strumenti multifattoriali dell’assessment, le ricerche sul temperamento, l’individuazione di variabili neuropsicologiche, le 'teorie implicite della personalità' tra cui i recenti studi sui 'big five factor', o le ricerche sull’interazione tra variabili di rischio, hanno ridato nuovo impulso ad una tradizione di ricerca finita in un vicolo cieco.

L’uso più criticabile del modello disposizionale e quindi tipologico, sia legato a tratti che a prototipi dinamici e normativi, lo si è avuto in ambito clinico.

È da considerare che il clinico è un fruitore di conoscenza più che un produttore, egli ha l’esigenza di credere nello strumento teorico-concettuale e linguistico-strumentale di cui si avvale, pensandolo come indicatore di una realtà effettiva e di cui sarebbe pericoloso dubitare. Tratti e prototipi, dinamici e normativi, si sono rivelati scarsamente affidabili per la loro capacità predittiva e sono stati prevalentemente utilizzati per fornire interpretazioni retrospettive. Un motivo di discredito verso le diverse forme di 'tipologie' della personalità, utilizzate in ambito clinico, derivano dalla critica di ricercatori impietosi che hanno messo in luce una serie di errori concettuali, di ragionamenti incongrui, di indimostrabilità degli asserti e delle inferenze diagnostiche e prognostiche presenti in particolare nella psicodiagnostica proiettiva o in psicoterapia e in psichiatria.

Tra gli esempi più semplici, valga per tutti il cosiddetto 'errore tautologico'. Gli aggettivi utilizzati per definire un certo comportamento, mettiamo di Gino (amorevole, aggressivo, impulsivo, promiscuo, irresponsabile, privo di sensi di colpa), vengono tradotti da proprietà comportamentali e i giudizi di valore in sintomi, divenendo poi, con un ulteriore passaggio, caratteristiche del soggetto (“Gino è psicopatico”) e poi invocati come causa (“Gino si comporta così a causa della sua psicopatia”).

Incongruenze epistemologiche, debolezze teoriche, imputazioni di ideologia, errori metodologici, disconferme sul piano della verifica, unite all’emergere di nuovi e più soddisfacenti paradigmi (interazionismo, social cognition, teorie del sé e dell’identità, ecc., hanno portato ad una disaffezione generalizzata verso le teorie dei tratti. Difatti oggi con il concetto di 'personalità' non si indica più un’entità realmente esistente, circoscritta ed identificabile con una serie di etichette linguistiche designanti disposizioni di natura stabile e continuativa ma un’area di ricerca in cui a seconda del modello teorico utilizzato, si possono di volta in volta isolare taluni e limitati eventi psicologici.

Col termine 'personalità' si indica un settore segmentabile in varie dimensioni (temperamento, identità di genere, ruoli, costrutti del sé, ecc.) ognuna delle quali risponde ad esigenze conoscitive locali, teoricamente e pragmaticamente circoscritte.

L'eclissi del comportamentismo, la crisi della psicoanalisi, le promesse non mantenute della psicologia dei tratti, un mutato quadro paradigmatico prodotto dal cognitivismo e dal costruttivismo, hanno fatto riemergere dalla storia della Psicologia una linea di ricerca che ha illustri antesignani in W. James, G.H. Mead, G. Allport, K. Lewin e in G. Kelly. Tradizione che potremmo chiamare fenomenologica, se si ha l’accortezza di non pensare tale attribuzione in chiave semplicemente filosofica.

L’orientamento fenomenologico, permeato dal costruttivismo e dal cognitivismo sociale ha prodotto un diverso modo di affrontare le tematiche contrassegnate dal termine 'personalità'. Questo orientamento variamente utilizzato da vari settori di ricerca, ascrivibile in termini più generali al paradigma della 'psicologia dell’azione', si contraddistingue per: a) respingere l’impostazione psicodinamica di impronta psicoanalitica, la teoria dell'apprendimento motivazionale e del determinismo anamnestico; b) considerare rilevanti le teorie implicite, gli schemi, i costrutti e le rappresentazioni, attraverso i quali le persone percepiscono se stesse, gli altri ed il mondo, dandosi degli obiettivi e ricavando dalle situazioni che generano e a cui partecipano, i significati più congrui. Il compito dello psicologo non è più vincolato a guardare l’altro attraverso le proprie categorie precostituite, concettuali, linguistiche e i relativi prototipi esplicativi codificati, ma e quello di scoprire o ricavare le matrici (o gli schemi) rappresentazionali di sé, le strategie d’azione, i criteri attributivi o la percezione degli altri.

La metodica delle 'griglie' consente di cogliere come l’altro guardi la realtà (la sua, che ingloba l’ottica degli altri situazionalmente significativi) e come e perché possa disporsi all’azione prefigurando significati ed obiettivi coerenti con i suoi schemi attributivi, credenze e regole interattive.

Il lavoro di Gian Piero Turchi e di Nicola Gasparini si avvale dei presupposti teorici e strumentali proposti dalla 'teoria dei costrutti personali' di Kelly. Ma gli autori anziché considerare questi presupposti (come talvolta accade ai 'kelliani') all’insegna di una ortodossia a cui uniformarsi, li integrano con altri e compatibili arricchimenti teorici, per esempio superando un certo solipsismo kelliano, e ribadendo l’aspetto strumentale di ogni teoria e tecnica, anche quella da loro proposta.

Riassumendo, nei presupposti utilizzati da Gasparini e Turchi, è possibile cogliere come gli autori assumano una posizione costruttivista. Secondo tale ottica gli individui fanno delle anticipazioni sulla realtà, verificandole in funzione delle proprie aspettative e delle proprietà che la situazione riesce ad introdurre a conferma o a modifica degli schemi d’attesa.

Il 'costrutto' non è un pensiero o una sensazione ma un processo discriminativo, ovvero la possibilità di categorizzare in modi differenti la propria esperienza sia essa connessa con il mondo fisico, sociale, affettivo, simbolico o interpersonale. È proprio in base a tale processo discriminativo che emerge il significato individuale degli eventi. Va detto a questo proposito che Turchi e Gasparini si distaccano dal solipsismo che alcuni attribuiscono ai kelliani, proponendo la rilevanza contestuale del significato degli eventi e quindi della sua produzione sociale. Per esempio uno studente impegnato in un esame, guarda ed organizza il mondo attraverso il punto di vista del proprio docente, da cui ricava elementi di automonitoraggio. Un bambino ancora di più, guarda ed organizza il mondo attraverso gli occhi della madre. I prototipi ideali di donna socialmente proposti e diffusi, nella misura in cui sono condivisi da una ragazza, fanno sì che essa si autoprescriva come dovrebbe essere generando sentimenti di autostima o meno. In definitiva ogni persona è governata dal suo sistema di costrutti che se per alcuni aspetti è soggettivo, in altri punti si sovrappone a quello di altri.

Il ruolo dell’anticipazione è fondamentale, se si considera che l’interpretazione degli eventi attesi, deriva non solo dall’esperienza fatta ma anche dal desiderio di convalidarla, di cambiare o di trovarle significati e adattamenti a situazioni nuove. Ciò consente di spiegare il cambiamento e la flessibilità adattiva e la contraddittorietà dei comportamenti che le teorie dei tratti non riescono a spiegare.

Infine, il sistema di costrutti di una persona non è qualcosa di caotico, ma un complesso correlato ed integrato, volto a realizzare coerenze locali e pragmatiche, proprio per quanto è possibile indagarlo con criteri scientifici, e individuare delle relazioni matematiche tra i costrutti di una persona.

La tecnica delle griglie di repertorio sia nella concezione originale di Kelly che nelle sue successive articolazioni, di cui il contributo di Gasparini e di Turchi è un esempio, realizza un superamento della antinomia tra metodi nomotetici (ossia scientifici) e metodi idiografici (di tipo clinico). Ovvero viene realizzata la possibilità di studiare i modi personali di costruire l’esperienza soggettiva, non

riducendola alle esigenze ed ai vincoli di un ordito concettuale preordinato, tipici dei questionari o dei tests.

La tecnica delle griglie consiste nell’evidenziare relazioni tra i costrutti di una persona relativi ad un campo di pertinenza (o di applicabilità), poiché i costrutti operano sempre all’interno di un certo contesto. La griglia è una metodologia di ricerca e non è un test, per cui la configurazione dei costrutti di una persona non viene posta in relazione a criteri normativi.

Le griglie, visto che ne esistono di diversi tipi e con finalità diverse, sono accomunate dal fatto che assegnano valori matematici alle relazioni tra i costrutti di una persona permettendo di cogliere le informazioni sui sottosistemi con i quali essa conferisce significati e concepisce una sua prospettiva del mondo.

Il vantaggio delle griglie e che i dati ricavati da un individuo possono essere sottoposti a molte delle analisi statistiche riservate a gruppi di soggetti. L’iniziale metodo di analisi fattoriale non parametrica proposto da Kelly, per cui R.E. Fager, nel 1962, scrisse il primo programma statistico, si e oggi sviluppato grazie alla messa a punto di differenti programmi computerizzati che utilizzano metodi statistici, propri delle analisi fattoriali metriche, come l’analisi delle componenti principali, o meno frequentemente metodi non metrici come lo scaling multidimensionale. Le griglie consentono altresì l’uso, per esempio, dell’analisi dei clusters, delle misure di consistenza, e di significatività.

Le griglie non implicano la misura della attendibilità, né della validità, non essendo dei tests, e facendo riferimento al modo soggettivo di costruire una certa esperienza non implicano 'stabilità' nel tempo, né 'confrontabilità' con altri strumenti o criteri indipendenti esterni, poiché non misurano una caratteristica prestabilita, né riferibile ad un campione rappresentativo.

Il lavoro di Gasparini e Turchi è particolarmente interessante, là dove – a differenza di altri - gli autori tengono strettamente collegata la teoria alla costruzione delle griglie e l’elaborazione statistica all’interpretazione psicologica. Difatti è stata da più parti lamentata una perdita di rilevanza della tecnica delle griglie, là dove venga applicata solo in virtù delle suggestioni statistico-informatiche e, di fatto, trascurata la capacità di costruire le griglie adeguate ad un campo di pertinenza psicologicamente rilevante, conseguentemente di leggerne i risultati.

Se è vero che la verità non trascende il suo uso, le griglie e le tecniche informatiche presentate dagli autori, non risolvono per 'magia' ciò che rimane escluso dalla ideazione dello psicologo e dalla possibilità della griglia utilizzata, né dall'altro esse costituiscono un rispecchiamento totalizzante della personalità individuale. Le griglie sono un espediente, una finzione della ragione, una strategia aderente alla realtà soggettiva dell’altro. L’uso del computer, pur arricchendo la complessità e la ricchezza dell’indagine non aggiunge un sovrappiù di verità. Del resto nessuno pensa che dei predicati semantici siano concettualmente riducibili a predicati computazionali.

Questa considerazione niente toglie all’importanza della monografia ed al lavoro degli Autori, che si sono impegnati nella esemplificazione ed illustrazione di metodi tecnicamente avanzati per l’esplorazione dei 'costrutti personali', offrendo la possibilità al ricercatore o al clinico di avvalersi di una strategia conoscitiva fondata su solidi presupposti teorici e su procedure statistiche coerenti con il tipo di conoscenza ottenibile.

Questo lavoro si inserisce inoltre nei programmi di ricerca che saranno attivati presso il “laboratorio di psicologia delle differenze individuali” del Dipartimento di Psicologa Generale dell’Università di Padova, e i cui Gian Piero Turchi e Nicola Gasparini offrono una preziosa collaborazione scientifica.

Alessandro Salvini

 

Bibliografia della Presentazione

Arcuri L. (1985 ), Conoscenza sociale e processi psicologici, Il Mulino, Bologna.

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La Scheda del volume:


  • Editore: UPSEL DOMENEGHINI
  • Data di Pubblicazione: 1994
  • EAN: 9788871261652
  • ISBN: 8871261658
  • Pagine: 114